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Decreazione

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    Redazione
  • 25 lug 2024
  • Tempo di lettura: 1 min

In Decreazione, Anne Carson scrive: “Essere uno scrittore significa costruire un grande, rumoroso, lucente centro dell’io dal quale la scrittura prende voce, e qualsiasi pretesa di voler annichilire questo io pur continuando a scrivere e a dar voce alla scrittura deve comunque coinvolgere lo scrittore in considerevoli sotterfugi e contraddizioni… Raccontare è una funzione dell’io.”

Decreazione è una parola presa da Simone Weil, che aveva un suo piano per liberarsi dell’io, per disfare la creatura che è in noi, e questo meticoloso piano lo chiamava decreazione.




"Non possediamo nulla in questo mondo,” scrive in uno dei suoi quaderni, “se non il potere di dire ‘io’. Questo è ciò che dobbiamo rendere a Dio.”

Anne Carson intende fare questo con le strutture portanti del pensiero occidentale: decreare, decostruire i generi letterari, dandocene una formidabile prova in cui stanno fianco a fianco il cinema di Antonioni e l’Odissea, Virginia Woolf e la riscrittura di Eloisa e Abelardo, i mistici e Samuel Beckett. Tutto è altro, incredibilmente.

Anche io intendo farlo con le strutture portanti di ciò che sono, strutture che risentono di qualcosa che assomiglia al destino – quello collettivo, non solo il mio personale –, sapendo di contenere moltitudini, come Walt Whitman, come tutti. Intendo farlo a partire da una sparizione che continua a interrogarmi.






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