Con Marco Archetti a scoprire Gelo
- Redazione
- 28 mar 2024
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 25 mag 2024
"Quando uno scrittore è davvero sé stesso? Accettato il presupposto che lo è se non lo è – nessuno più di uno scrittore esprime il proprio incarnando l’Altro – è utile ripassare Raffaele La Capria, che in Letteratura e salti mortali ci ricorda un paio di cose essenziali: citando Faulkner e ratifica la sua definizione di “opera riuscita”, cioé un’opera che fallisce magnificamente. “Hemingway non ha mai osato uscir fuori dai confini di quello che poteva fare. Quello che ha fatto l’ha fatto meravigliosamente bene, ma per me è più importante fallire” scriveva William pensando, forse, al proprio riuscitissimo Assalonne Assalonne! Poi La Capria prosegue sacrosanteggiando sulla questione dello stile e celebrando quello “non evidente”, ossia lo stile dell’anatra: l’uccello si danna e si affanna tumultuosamente sotto il pelo dell’acqua ma a guardarlo da lontano si direbbe scivoli quietamente sulla superficie.
A questi due aspetti si pensa inevitabilmente nel leggere “Gelo” di Thomas Bernhard... "
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